C’era una volta l’automobile, che da curiosità tecnologica e meccanica si fece lusso per pochi per poi divenire utilitaria alla portata dei molti. Dopo una suggestiva serie di sperimentazioni più o meno artigianali, l’automobile attraversò il ‘900 con lo splendore e i successi dei suoi modelli sfornati dalle prime aziende automobilistiche. Occupò lo spazio di un secolo per perfezionarsi nei dettagli delle dotazioni e nelle motorizzazioni, per venire poi spesso carrozzata a festa da designers di talento. Da mezzo meccanico che si muoveva senza l’ausilio animale a oggetto del desiderio. Da oggetto del desiderio, confinato nel mondo dorato dell’alta gamma e del lusso, a necessità quotidiana e familiare.
Un uso talmente intenso e diffuso tale da mettere ormai in difficoltà il sistema della mobilità urbana, nei termini d’inquinamento atmosferico e insostenibilità dei flussi. Al di là dell’amarcord quindi, il mercato dell’auto e di tutta la filiera automotive sta, già da qualche anno, vivendo un inevitabile cambio di paradigma che ha in qualche modo costretto le aziende e filiera a ripensare l’auto e se stesse. Anche in funzione dell’acquisita consapevolezza di un pubblico sempre più deciso ad affrontare il consumo in termini critici, come rilevava Micheletti in suo saggio di qualche anno fa:
“Acquistare comporta ben più di semplici considerazioni economiche come il rapporto tra qualità del materiale e il prezzo. Esistono anche questioni sociali, etiche e politiche integrate nelle decisioni di acquisto. Eppure, la maggior parte di noi non dedica grandi riflessioni consapevoli a quella che può essere definita la “politica dei prodotti”. Diamo per scontato che i prodotti che acquistiamo siano fatti in base ai nostri standard etici. O forse non ce ne importa veramente. Molto spesso la politica di un prodotto è occulta e invisibile, diventando visibile solo quando i cittadini le conferiscono un significato pubblico e iniziano a comprendere come accostarla alla propria filosofia di vita. Quando i cittadini agiscono in base a queste considerazioni, si comportano come consumatori critici.”
(Michele Micheletti, “Critical Shopping. Consumi individuali e azioni collettive”, FrancoAngeli, Milano 2003)
Le aziende automobilistiche sono quindi entrate, in prospettiva, nell’ottica della sostenibilità investendo in ricerca e sviluppo. Questi investimenti hanno prodotto veicoli elettrici e ibridi sempre più performanti e processi industriali che hanno generato una significativa riduzione dei costi di produzione comportando minori costi al consumatore finale.
“Motore” di questo processo si sono rivelati i sistemi di gestione della qualità (rispetto per l’ambiente UNI EN ISO 14001:2015; standard ISO 9001; certificazione IATF 16949:2016), che hanno definito un percorso possibile, pur se costantemente aggiornato e perfettibile, per identificare un approccio al business che lo rendesse sostenibile nel tempo. Valutare e applicarne le norme, da parte delle aziende, garantisce sia la sostenibilità economica del business che la continuità operativa dell’azienda stessa per affrontare un mercato competitivo e consumatori maggiormente consapevoli:
“In generale, stiamo assistendo a profondi mutamenti all’interno dei diversi settori di produzione, caratterizzati dalla nascita di nuovi modelli d’impresa e dalla messa in discussione o dal ripensamento degli attuali sistemi di produzione e di consumo, di trasporto e di spedizione. Le innovazioni in ambito tecnologico utili a cambiare le pratiche e i sistemi di produzione e di consumo offrono anche l’opportunità di promuovere la rigenerazione e la conservazione dell’ambiente, evitando costi nascosti derivanti dall’esternalizzazione di questi processi. Gli attuali sistemi di gestione ambientale sono quindi efficienti, ma non bastano a fare fronte alla velocità e alla portata delle trasformazioni che verosimilmente caratterizzano la quarta rivoluzione industriale. Per affrontare questi notevoli cambiamenti, i modelli economici di oggi devono essere riadattati incoraggiando produttori e consumatori a ridurre i consumi e a utilizzare prodotti e servizi sostenibili.”
(Klaus Shwab, “Governare la quarta rivoluzione industriale”, FrancoAngeli, Milano 2019)
Alla luce di ciò, anche per l’automotive diventa necessario il passaggio da una prospettiva a breve termine a una a lungo termine, che prevede l’abbandono del modello economico lineare per adottare il modello dell’economia circolare, introducendo i principi di rigenerazione e ricostituzione, di cui avremo sicuramente modo di parlare in un prossimo futuro per approfondirne il senso.